A casa di Davide

“Questo assolo fallo tu, io suono l’altro”.
Intorno a me un ribollire di oggetti, ma nulla era fuori posto. Stavo seduto sul letto con la chitarra in braccio, l’ampli era acceso.
Sbagliai una volta, poi di nuovo e poi ancora. Conoscevo bene il pezzo, ma ero preso dall’ansia che sempre mi affligge quando devo registrare una canzone.
Temevo che da un momento all’altro gli sarebbe scappato uno sguardo infastidito. Non successe, anzi: per tutto il tempo rimase sereno e contento come se ci fossimo appena incontrati.
“Dai, riprova, tanto chissenefrega”.

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Storia di una MElattia

Il corriere fece suonare il citofono, era finalmente arrivato il melaorologio.
Il fiato di lui si spezzò per l’emozione: con quale intensità lo aveva bramato!
Eliminò freneticamente l’involucro della spedizione ed ammirò innamorato la sobria perfezione della scatola.
“Solo loro sono capaci di fare cose simili…” bofonchiava febbricitante. Si avvicinò la compagna, incuriosita più dai suoi occhi vitrei che dall’oggetto.
“Sarebbe quello il COSO?”
La incenerì con uno sguardo di disprezzo.
“MELAOROLOGIO, si chiama. Non è un ‘coso’, è un’opera d’arte, una primizia del futuro, un corpo tecnologico che ospita un’anima.”
“Vabbé” disse lei senza rilanciare. Non voleva scuoterlo ulteriormente.
“Ma si collega al Melafonino?”Continua a leggere…

Maturità

Nonostante l’emozione, Clara era determinata ad affrontare l’esame con coraggio: avrebbe scritto un grande tema.

Per non rischiare, si era preparata senza risparmiarsi. E tuttavia, almeno un piccolo rischio scelse di prenderlo: non consegnò lo smartphone all’ingresso, per poi poggiarlo segretamente davanti a sé, sulla sedia. La suoneria tacitata, voleva restare in contatto col fidanzatino, che le aveva promesso sostegno nel caso di un attacco di panico.
Iniziò la prova. Clara scelse la traccia incentrata sulla frase di un’eroica ragazza pakistana: aveva di recente partecipato ad un evento che affrontava il tema e ne era rimasta colpita. C’era parecchio da scrivere.
A sorpresa, Il telefono reclamò la sua attenzione illuminandosi.

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(Voce di un) Miracolo a Milano

Se vieni dalla East Coast, Milano è solo un nome. È Italia, è la moda, ok. E poi? Non è come Parigi, o Rio.
È un nome vuoto che stasera mi fa paura. Ci ho suonato vent’anni fa, all’apice del successo. Dopo l’oblio, non sono mai tornato.
Quanti saranno? Come reagiranno? Odio l’idea che mi fissino immobili mentre volteggio come una scimmia.
Ma forse il punto è un’altro: ho cinquant’anni, è dura farsi le ennesime due ore di rock. Il problema non sono gli acciacchi ma l’anima, che pretende uno straccio di ragione per questa vita senza capo né coda. Donne e soldi ormai significano poco. O gli dai un senso, o il cuore ti negherà le forze.

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Alieni sugli scogli

La mattina di un giorno ad un passo dall’estate, sul lungomare tra Ventimiglia e Menton si notò un fenomeno nuovo: decine di uova argentee erano posate sugli scogli, pochi metri prima del confine francese.
Scure creature umanoidi emersero pian piano dalle navette, o quel che erano. La loro parlata era chiassosa ma pacifica. In ordine sparso raccontarono: veniamo da una galassia lontana, attratti dalla cultura dei terrestri. Vogliamo visitare la Francia, patria prima e più alta dei valori dell’umanità, e dialogare con le sue grandi menti.
La richiesta venne inoltrata ai massimi livelli. Nel frattempo, i fucili furono alzati contro gli alieni a mo’ di benvenuto.Continua a leggere…

Master-chef Jerusalem

I tre giudici accolsero il candidato col solito misto di superbia e curiosità.

“Cosa ci cucini?”

“Un uovo”, rispose umilmente l’uomo.

Chef Arimath iniziò a sudare freddo, mentre Chef Pìla sogghignava sprezzante. Chef Kai-fah reagì con parole dure.
“Come osi presentarti a noi con una simile banalità? Sei venuto ad insultarci, per caso?”
L’indignazione del sommo maestro trasudava odio.
“No chef, io nutro il massimo rispetto per tutti voi. Proprio perché stimo tanto il vostro giudizio, volevo sottoporvi la mia scoperta”.

Alla fiera di paese

Poldo detestava la sfrenata libertà del correre senza guinzaglio.
La padroncina l’aveva lasciato cadere distrattamente, mentre il bracchetto ammirava un suo pari scolpito nel legno. Dopo aver tentato inutilmente di convincere la scultura a giocare, Poldo si voltò e si trovò sperduto, davanti ad un anonimo muro di folla.
Era tutto fuorché un cane coraggioso o acuto. Però aveva ben chiaro che senza Giuditta, la bimba cui era stato donato due anni prima, era spacciato.

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La regola

– Venti!
– Cinquantacinque!
Paolino, che faceva terza ed era quindi l’anziano del gruppo, scosse pesantemente il capo.
– No. Sono troppi.
Un silenzio pensoso.
– Dai, sbrighiamoci, tra poco la maestra ci fa tornare in classe!
– Ma cos’è TUIT? – Diego, che della faccenda aveva capito poco, trovò infine il coraggio per chiederlo.

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