“Ma che cazzo hai nel cervello, i chiodi?” gridò a vene spiegate il tizio, appena dopo l’urto con l’utilitaria che gli aveva tagliato la strada.
“Cretino! Stronzo! Cretino!” replicò in contemporanea l’anziano dall’altro mezzo, all’indirizzo del pirata che aveva cercato di infilarlo con un sorpasso a destra, nonostante la freccia.
Le auto ferme in mezzo alla strada che vomitava traffico e bile, i clacson che inveivano sui due, intenti ad insultarsi pesantemente.
“Adesso mi paghi il danno, sennò ti faccio passare un guaio!”
“Ma sta scherzando? Mi è venuto addosso! Se non sa guidare stia a casa!”
Tra ruggiti e bave, i due stabilirono che bisognava chiamare i vigili. “Prima però dammi i documenti, che poi te ne scappi e mi freghi”.
Si scambiarono le patenti.
L’occhio del più giovane cadde subito su un dato: quel signore era nato nello stesso anno di suo padre, e nella stessa regione.
L’anziano scoprì invece che l’altro era di due anni più giovane del figlio: sempre in giro per lavoro, il suo ragazzo, chissà dov’era in quel momento.
Si guardarono di sottecchi, come se solo allora realizzassero di aver davanti un altro essere umano.
“Senta, lasciamo stare i vigili, evitiamo la multa”. Il giovane provava una specie di stonata compassione. “Ha un fanale crepato, glielo ripago in contanti se per lei va bene”.
Anche il vecchio era a disagio, da persona senza fronzoli pensava di dover essere arrabbiato. Invece.
“Lascia stare, non è niente. Co’ttutta ‘sta gente…”
Si strinsero la mano con un calore che scaldò il resto della loro giornata.