Concertwitting

I love rocknrollEra impallinato con Twitter, e gli era venuta un’idea che avrebbe cambiato l’industria musicale – ne era convinto.
Così l’impresario organizzò un concerto mai visto: nello spazio di quattro campi di calcio furono montati venti palchi, sui quali avrebbero suonato altrettante band, contemporaneamente. Al centro della spianata, un mixer intelligente avrebbe assegnato a ciascun gruppo quattordici secondi di spazio musicale. Uno che suona e diciannove silenziati, così, in modo casuale. I nomi noti rifiutarono, ma agli emergenti parve una chance per entrare nella storia.

Arrivò il giorno. Un immane semaforo decretò il countdown: tre, due, uno.
Ai DeLegend toccarono i secondi iniziali, mentre cantanti e chitarristi si scatenavano su tutti i palchi, come in uno straniante film muto.
Il pubblico fece fatica a riconoscere chi guardare. Quando ci riuscì, fu già il turno dei PronZ, e poi dei BisonTic. Un tre quarti che segue un quattro quarti, un pezzo in mi e uno in si minore.
Una baraonda senza capo né coda, un’accozzaglia da DJ malato.
In pochi minuti arrivarono i fischi, la paura sui palchi, il sudore dell’impresario convinto della propria rovina.

Fu allora che il cantante dei Quest-ion capì. Fece intonare ai suoi un riff semplice e ripetuto, lo riempì di variazioni appassionate e batté platealmente le mani perché anche gli altri musicisti cogliessero il tempo.
Le band si ascoltarono.
Chi prima chi dopo, tutti si accodarono alla melodia, ciascuno donandole la propria speciale magia. Ne venne la più bella canzone mai sentita.

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