Passato l’apice della calura, l’aria tornò respirabile nella seconda metà di agosto.
Agatino ricercava da tempo una direzione per la sua vita. La laurea fresca e lodata lo guardava dal chiodo cui era stata appesa: che ne sarà di noi? Pochi mesi di colloqui falliti e aveva capito quanto il suo paese non fosse, pur nell’ineguagliabile ricchezza culturale, nemmeno lontanamente in cerca di bravi umanisti capaci di risollevarne immagine ed orgoglio.
Rifiutava di buttarsi in un call center. Era forse un po’ altero, ma più che altro preoccupato: l’esperienza poteva minarne in modo irreparabile l’entusiasmo. No, se nessuno gliene offriva uno di valore, allora il lavoro doveva plasmarselo da solo.
Subito dopo questa scelta arrivò il caldo, la fiacchezza, l’assopirsi di idee e speranze. Ma l’anima rimestò nel segreto delle notti più torride, e quando fu ad un passo dall’inebriante frescura settembrina, riaccese di botto la mente. Che idea, che rivoluzione.
Chiese un prestito alla famiglia e lavorò senza posa per settimane. Fu fortunato: tutto l’universo sembrava volere che la sua libreria-gelateria partisse entro il 30 di settembre. I paesani l’avrebbero adorata.
L’inaugurazione fu un clamore di gioia, mamme e bambini curiosi scorrazzavano coni in mano tra uno scaffale e l’altro.
La novità implose però entro pochi giorni. Agatino sapeva che era normale, la sua fiducia non si infranse nemmeno all’arrivo del rigido novembre.
Quando finalmente si rivide il caldo, sul negozio vuoto campeggiava solo un cartello – Affittasi.