Lockdown

Aveva raggiunto un equilibrio perfetto.

Non si muoveva più di quanto non fosse strettamente necessario: dal letto al bagno, poi in cucina per la colazione ed il lavoro – il portatile era ormai incollato al tavolo. La comoda sedia girevole che si era fatto consegnare gli permetteva di non alzarsi, mentre organizzava il frugale pranzo. Data l’irrisoria attività fisica, poteva mangiare pochissimo, e del resto il cibo gli era venuto a noia.
Se lo schienale fosse stato reclinabile, forse avrebbe pensato di passarci la notte, su quella sedia.

Certo, i primi tempi erano stati duri. Perdere le abitudini, il contatto con le persone e tutto il resto. Ma col passare delle settimane, qualcosa di inatteso si era manifestato. Una sorta di nebbia mentale che, senza renderlo meno brillante (il lavoro ne avrebbe risentito), aveva intorpidito i sensi ed i bisogni fisiologici.

Una pace insperata, nessun desiderio residuo.

Una situazione molto zen, avrebbe forse commentato il suo collega avvezzo alle cose spirituali. Ma a lui quell’argomento non interessava. In tutta onestà, nessun argomento ormai lo entusiasmava più.

Il cicalino lo informò della videochiamata in ingresso. Sbuffò, prima di rispondere.
“Si può sapere che fine hai fatto?”
“Eh… il lockdown…”
“Ma è finito da tre mesi, dai! Al bar manchi solo tu, non scendi più nemmeno per fare la spes…”
Click.

Spense il pc all’improvviso, ubbidiente alla voce del suo vuoto interiore.
Perché dare spiegazioni, perché parlare.
Forse, quel giorno avrebbe anche evitato il fastidio di mangiare.

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La speranza di settembre

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Passato l’apice della calura, l’aria tornò respirabile nella seconda metà di agosto.
Agatino ricercava da tempo una direzione per la sua vita. La laurea fresca e lodata lo guardava dal chiodo cui era stata appesa: che ne sarà di noi? Pochi mesi di colloqui falliti e aveva capito quanto il suo paese non fosse, pur nell’ineguagliabile ricchezza culturale, nemmeno lontanamente in cerca di bravi umanisti capaci di risollevarne immagine ed orgoglio.
Rifiutava di buttarsi in un call center. Era forse un po’ altero, ma più che altro preoccupato: l’esperienza poteva minarne in modo irreparabile l’entusiasmo. No, se nessuno gliene offriva uno di valore, allora il lavoro doveva plasmarselo da solo.

Subito dopo questa scelta arrivò il caldo, la fiacchezza, l’assopirsi di idee e speranze. Ma l’anima rimestò nel segreto delle notti più torride, e quando fu ad un passo dall’inebriante frescura settembrina, riaccese di botto la mente. Che idea, che rivoluzione.
Chiese un prestito alla famiglia e lavorò senza posa per settimane. Fu fortunato: tutto l’universo sembrava volere che la sua libreria-gelateria partisse entro il 30 di settembre. I paesani l’avrebbero adorata.

L’inaugurazione fu un clamore di gioia, mamme e bambini curiosi scorrazzavano coni in mano tra uno scaffale e l’altro.
La novità implose però entro pochi giorni. Agatino sapeva che era normale, la sua fiducia non si infranse nemmeno all’arrivo del rigido novembre.
Quando finalmente si rivide il caldo, sul negozio vuoto campeggiava solo un cartello – Affittasi.

La piazzetta fiorita

Piazzetta_fioritaIl bambino esplode in un’esclamazione di stupore, mentre punta l’indice verso l’inatteso spettacolo.
– Guarda! Che bello!
La piazzetta si apre davanti ai due come uno scrigno: una chiesa affrescata, un quadrato marmoreo arredato da scintillanti panchine di legno, un contorno di fioriere, curate, iridescenti. Il contrasto con le vie che li hanno condotti lì è netto e spiazza la giovane: com’è possibile che la stessa amministrazione abbia tanta cura di uno spicchio di paese mentre lascia nell’abbandono tutto ciò che lo circonda?
Si siede. Abita da poco in zona ed ha voglia di immergersi in quell’angolo buono. Continua a leggere…

In fuga dal grigio

In fuga dal GrigioGrigio come un fumo di scarico, sempre e solo uguale a sé stesso, si trascinava vagamente disperato verso il posto di lavoro. Giacca scura, cartella di pelle lisa in mano, una pelata dissimulata da un ciuffetto comunque prossimo alla resa, spessi occhiali a riflettere l’asfalto del marciapiedi.
Non amava pensare a cosa l’avesse portato a vivere così. Gli sembrava che nel suo passato ci fosse un ragazzino, magari non brillantissimo, ma comunque abbastanza allegro e dotato di qualche sogno e speranza. Uno che nel suo piccolo pensava persino di cambiare il mondo, trovandosi infine a non poter cambiare nemmeno l’auto.Continua a leggere…

Un tenue sorriso

Il miliziano teneva il mitra rigidamente puntato alla fronte della suora. Ad un passo dall’esecuzione, la donna ancora non voleva stare al copione.

– Sto per ammazzarti vecchia schifosa. Non hai capito che devi avere paura?

Strano, non sembrava una stupida. Forse cercava di suscitare compassione. Che tentativo patetico.
O forse, quella donna capiva, ed il suo sguardo sereno e triste diceva davvero che lei non aveva paura.Continua a leggere…

Apatico Bar

SguardOpacoAttorno a sé non vedeva facce, solo maschere spente e vuote. Alcuni giorni andava meglio, c’erano gli alti e i bassi, ma in generale sentiva di non sapersi più connettere al resto del genere umano.
Prima del lavoro si fermò a fare colazione al bar. Cappuccio e cornetto, aveva sempre scelto quell’accoppiata e sebbene non ne andasse matto non c’erano nemmeno ragioni evidenti per cambiare, che tanto nessuna delle alternative gli appariva interessante.
Scorse un giornale, si parlava ancora di terrorismo. Lesse distrattamente che anche la sua città era a rischio. Si accese un campanello d’allarme: non per l’informazione, ma per la mancata reazione interiore. La cosa non lo sfiorava, come non lo riguardasse.Continua a leggere…

Dalle stalle alle stelle

addetto alle pulizieDopo l’ennesima stupidaggine lo avevano licenziato, così si era messo di buona lena a cercare un nuovo impiego – ne aveva bisogno, ma soprattutto non sopportava i continui rimbrotti della moglie.
Trovatosi in alcune circostanze originali, che in seguito raccontò nei modi più disparati, fu assunto di lì a poco come addetto alle pulizie presso la residenza di due signori che riteneva nobili tedeschi, o qualcosa del genere.Continua a leggere…