I traslochi avvenivano di solito nelle settimane attorno a Natale: era quello il momento dell’anno in cui più forte si faceva il bisogno di fuggire e di lasciarsi alle spalle tutto e tutti. Il perché non era sempre chiaro, sapevano solo che ad un certo punto non ne potevano più. Così sbaraccavano e cambiavano casa, città, comunità. Nei sei anni del loro matrimonio l’avevano già fatto cinque volte. Erano free lance e non importava dove lavorassero; ma non era il senso dell’avventura a guidare i loro passi.
Sarebbe stata la volta buona?, si chiesero entrando con gli scatoloni. Considerato il prezzo dell’affitto, era un appartamento notevole: spazio, luce, una vista che rinfrancava il cuore.
– E’ troppo bello qui, dev’esserci la fregatura.
L’uomo sbuffò senza guardare la moglie. Non rispose nulla, ma non gli piaceva quella negatività di principio. Mollò il lavoro per un attimo e si mise a fissare fuori dalla finestra.
Ma perché siamo andati via dall’altra casa?, disse infine.
Stai scherzando? Coi vicini che avevamo, dovevamo aspettare che ci sparassero prima di muoverci?
Già… ma prima ancora?
Mi fai impazzire… Non ricordi la puzza dell’aria? Che ti prende oggi?!
La donna iniziava ad essere irritata. Come se lo stress del trasloco non fosse sufficiente.
Fuori dalla finestra, il marito fissava inebetito le madri col passeggino, i ragazzini urlanti, le auto, i fiori.
– No, niente, un pensiero stupido. Pensa che ridere, se la bruttezza che vediamo attorno ce la portassimo incollata agli occhi: dove potremmo andare mai, allora?